Ciascun essere umano, fin dall’età della prima consapevolezza, elabora un’idea di sé. Dice: io ho un nome, dei genitori, una patria, dei beni, dei sogni, dei gusti, e compio delle azioni che dipendono dalla mia volontà. Io sono questo. Egli vive in questa convinzione, spesso, tutta la vita, ignorando che ciascuna delle caratteristiche che si attribuisce è passeggera, contingente, e quindi fatua e destinata a perire nello stesso modo in cui il tempo l’ha vista sorgere.

Chi assapora la vera iniziazione a Cristo, invece, un bel giorno si ferma e si chiede: cosa non sono io? Dio è in me attraverso la Santa Eucaristia, attraverso lo Spirito Santo, attraverso la sua Parola. Io sono in lui perché Egli mi riconosce come essere creato a sua immagine e somiglianza, e si palesa alla mia coscienza la certezza che la dualità tra Creatore e creatura è pura illusione: «in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo […] poiché di lui stirpe noi siamo» (At 17, 28).

Dunque io sono Dio, ma non nel modo in cui credeva Adamo, che a Dio voleva sostituirsi credendosi un dio tra gli dèi: sono Dio se sono perfetto come il Padre mio che è nei Cieli (Mt 5, 48), e quindi se desidero, in fine, disciorgliermi dal corpo per dissolvermi in Cristo (Fil 1, 23).

Se sono figlio di Dio in Cristo, io sono Dio. E per esserlo devo abbandonare tutti gli idoli, le illusioni false e bugiarde che mi allontanano dall’unica certezza: l’Essere è e il non-Essere non è; ciò che non è non può essere pensato.

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