La diffusione di certe teorie induiste (talvolta eretiche perfino in India!) ha indotto molti spiritualisti occidentali a credere che Dio sia un principio astratto, senza forma e – come tale – senza intelletto. Il risultato di questa opinione è che Dio si riduce a un meccanismo, a una inesorabile legge naturale, e nulla più. Ciò significa che noi saremmo migliori di Dio, giacché abbiamo una coscienza e una volontà che questo Dio non può avere: un evidente paradosso che dimostra l’infondatezza di simili tesi, in ultimo caratterizzate da un panteismo materialista e acristiano. È vero infatti che l’Essere Supremo trascende la nostra comprensione ed è ovunque in tutto e in ogni cosa singolarmente, ma questo Essere esprime un intelletto che non può che essere almeno pari al nostro, e anzi noi sappiamo benissimo, con un semplice esercizio di ragione, che è incommensurabilmente superiore al nostro. Questo intelletto divino, intuì Aristotele, non può che pensare sé stesso, perché la perfezione deve necessariamente avere pensieri perfetti, e nulla è più perfetto di Dio stesso. E poiché noi esistiamo in Dio (Atti, 17, 28) ma Dio esiste infinitamente oltre le cose create, che sono limitate e misurabili, Egli è assieme immanente e trascendente: questa è la posizione panenteista, che è l’unica veramente compatibile col Cristianesimo. Dio non può che volere, dunque, sé stesso, e noi esistiamo proprio in questa sua essenza: questo significa che l’intelletto di Dio ci vuole qui e ora, e poiché in Lui non esiste caducità, dobbiamo desumere che ci voglia sempre e per sempre, nell’unica dimensione concepibile che è quella della perfezione tendente a Lui.

Questo è ciò che chiamiamo «amore di Dio»: l’affermazione nella Storia, la nostra storia personale e collettiva, dell’identità della nostra natura profonda con la natura di Dio che ci ha fatto a sua immagine e somiglianza.

«Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura»

Sap 2, 23

Dunque Dio non è un principio senza volto: è un Essere di amore, che guardando noi vede sé stesso, e amando noi ama sé medesimo.

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