Lo scisma vetero-cattolico comincia con la scelta di mons. Dominique Varlet (1678-1742) di non accettare la condanna papale del giansenismo, chiedendo la convocazione di un concilio che ricomponesse la crisi della Chiesa di quel tempo. Al di là degli estremismi dottrinari del giansenismo, assolutamente non condivisi da tutti (tra cui la doppia predestinazione), la polemica verteva su problemi che oggi potrebbero definirsi assurdi o comunque non così rilevanti da causare uno scisma: traduzione dei testi sacri nelle lingue nazionali, sinodalità (espressa nelle forme del conciliarismo), attenzione per le tradizioni locali, potere assoluto della grazia sacramentale, l’idea che non si dovesse ubbidire a Dio solo per timore, etc. etc.. Si può affermare che Varlet fosse un progressista, ai suoi tempi, che non si piegò allo strapotere pontificio.
In Francia molte posizioni del vetero-cattolicesimo erano già state assunte dalla Chiesa Gallicana, che nonostante il nessun legame originale con Varlet, certamente appartiene allo stesso universo culturale attraverso la comune origine giansenista, e ad essa si ricollega la nostra Chiesa, perché le posizioni gallicane in merito alla disciplina ecclesiastica sono, alla lontana, le stesse che la Chiesa di Sicilia ebbe sotto i Normanni. La negazione dell’assolutismo papale comportò, per ovvia conseguenza, il rifiuto del Concilio Vaticano I, nel 1870, che pretese di sancire l’infallibilità pontificia: lo scisma, già dichiarato più di cento anni prima, fu così definitivo.
Il tradizionalismo cattolico nasce invece nel ‘900, per effetto delle riforme liturgiche e dottrinali, giudicate eccessive o addirittura eretiche, compiute da Paolo VI all’indomani del Concilio Vaticano II. La posizione dei tradizionalisti è quella di un movimento conservatore, convinto che la «vera Chiesa» sia quella preconciliare. Poiché è impossibile conciliare il Concilio Vaticano I con l’ipotesi di un papa eretico, quale sarebbe stato Paolo VI, i tradizionalisti si dividono in due grandi categorie: alcuni negano che Paolo VI fosse veramente papa, e sostengono che la sede petrina sia attualmente vacante (sedevacantisti), altri sostengono che «Roma ha perso la fede» (così Mons. Lefebvre), e quindi il papa sarebbe validamente eletto ma andrebbe corretto nei suoi comportamenti, soprattutto liturgici, e questa è la posizione della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, una Chiesa indipendente che sostiene di rappresentare la vera Chiesa romana.
In concreto i tradizionalisti vagano sul territorio alla ricerca di chiese in cui si celebri col rito di San Pio V, talora aderendo a pratiche devozionali risalenti ed a forme di morale premoderne.
Il tradizionalismo non ha quindi nulla a che vedere col vetero-cattolicesimo nè col gallicanesimo. Alcuni gruppi vetero-cattolici possono adoperare la Messa di San Pio V, ma ciò non significa che credano che la Messa di Paolo VI sia errata o eretica. Noi adoperiamo, nella messa col popolo, il Messale Romano del 1965, italiano-latino, e non per questo ci sentiamo tradizionalisti.
Al contrario, la Chiesa vetero-cattolica si caratterizza per la sua apertura nei confronti di ogni esperienza umana, e molte Chiese vetero-cattoliche ordinano anche le donne. In ciò si vede l’incompatibilità tra il tradizionalismo e il vetero-cattolicesimo.
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