Diletti fratelli e sorelle in Cristo risorto, salute.
Cristo nasce a Betlemme di Giudea, in un remoto paesino di pecorai da cui, per divina profezia, doveva sorgere il Sole del mondo. La tradizione ha celebrato questo evento come culmine della Storia, ma oggi assistiamo ad una deriva atea che poco a poco sta colpendo anche il Natale: già trasformato nel ‘900 in festa dei consumi, adesso è addirittura avversato da quanti preferiscono non festeggiare e sfruttare i giorni di ferie per attività inconcludenti, demolendo anche quell’ultimo segno di unità familiare che era sopravvissuto nella nostra triste modernità.
Se guardiamo indietro, il Natale, come era concepito dalla Chiesa indivisa, non era una semplice ricorrenza ma un segno cosmico che, nel disegno complessivo della Creazione, era direttamente accostato alla Pasqua: a Natale Cristo, il Sommo Bene, rappresentato dal Sole invitto (nella mitologia platonica) sorge dalle tenebre per rischiarare il mondo. Adesso tutte le cose, illuminate dalla Luce di Cristo, risplendono dei loro veri colori, e sono visibili nella loro vera natura. Il velo di menzogna diabolica che rendeva inaccessibile il piano divino della realtà è rotto, e le tenebre del peccato si ritraggono davanti alla luce di Dio.
La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.
(Gv 1, 5)
A Natale Dio si dona amorevolmente al mondo nella carne di Cristo, ed a Pasqua questa carne muore e risorge, come il Sole ogni giorno sorge e tramonta. Questo è un divenire cosmico, che comprende tutto l’Universo in ogni suo aspetto, anche minimale. Anche noi iniziati ai Divini Misteri, infatti, moriamo e risorgiamo con Cristo vincitore della morte e Re dell’Universo.
Se gli uomini conoscessero la vera natura di questa festa natalizia non potrebbero esimersi dal celebrarla degnamente. E proprio qui sta il punto: l’ignoranza del dono meraviglioso fatto da Dio agli uomini, un dono di amore che connette il nostro singolo ego all’Assoluto onnipervadente mediante la santificazione della carne umana, questa ignoranza, dico, si traduce in esaltazione della tenebra, in negazione della Luce.
In ciò non possiamo non leggere un’opera diabolica, concessa da Dio in sconto delle nostre ataviche mancanze. Il mondo diventa sempre più inospitale per i figli di Dio, e gli uomini ciechi allo Spirito cercano una redenzione materiale per i loro dolori: i soldi, le droghe, i beni secolari sono l’orizzonte ultimo delle loro vite, ed essi consumano i loro giorni inseguendo sempre nuovi piaceri per saziare il vuoto incolmabile che li corrode. L’inganno del mondo materiale è questo: il Demonio ci offre su di un piatto d’oro ogni ricchezza, e ci fa credere che saremo felici solo quando avremmo conquistato e questo e quello. Per alcuni arriva quell’ora, ma una volta ottenuto ciò cui ambivano scoprono la caducità delle loro misere vite, e muoiono insoddisfatti e infelici col desiderio di ottenere il mondo intero; per altri invece la meta non arriva mai, e si rodono nell’invidia, credendo di aver perduto l’occasione di essere felici.
Vediamo così uomini ricchissimi che crepano nella dissolutezza, sperperando la loro salute nei modi più inenarrabili, o addirittura finendo suicidi; mentre non pochi poveri, invece di cercare il favore di Dio con una vita onesta, preferiscono dilapidare i loro magri guadagni per comprare il superfluo ed ammiccare sognanti alle ricchezze ostentate dalla televisione e dai social, fino ad andare in rovina ed a cedere anche alle lusinghe della malavita.
Nessuno è felice se non segue l’esempio del Creatore, del Redentore, del Consolatore: solo quando doniamo, solo quando siamo noi la luce per i nostri simili, siamo veramente felici. L’uomo è fatto per amare, ma non per amare la carne, e neanche per amare a convenienza, cioè in cambio di un corrispettivo. Cristo non si dona solo ai santi, solo ai buoni o solo ai bisognosi: Cristo si dona a tutti indistintamente.
Come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro. Ma se amate coloro che vi amano, che merito ne avrete? Poiché anche i peccatori amano coloro che li amano. E se fate del bene a coloro che vi fanno delbene, che merito ne avrete? Poiché i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro dai quali sperate di riavere, che merito ne avrete? Anche i peccatori prestano ai peccatori, per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete i figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi.
(Lc 6, 31-35)
Non ci può essere un limite a questo amore, perché non c’è un limite a Dio. E questo amore consiste, in fin dei conti, nel riconoscimento dell’unità essenziale delle nostre coscienze nell’unica eterna coscienza di Dio, nell’Assoluto senza confine da cui tutto proviene ed a cui tutto ritorna.
Questo dunque è il senso del Natale, un senso che fino a non molto tempo fa era diffuso presso tutte le genti d’Europa, ed oggi è ridotto a noioso pranzo festivo, magari con qualche stupido regalino riciclato o una scempiaggine esosa acquistata controvoglia solo per non sentire le urla di un bambino viziato.
Questo è anche il senso che voi, diletti figli in Cristo, dovete fare vostro nelle vite, più o meno complesse, e più o meno materialmente felici, che l’Onnipotente ha assegnato a ciascuno. Il comando di Cristo è chiaro, perché non è una legge imposta da un sultano che regna nei Cieli, ma una verità dell’Essere connaturata dell’Assoluto, una verità che Egli oggi ci consegna, e nelle sue parole suona così:
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. […] Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.
(Gv 15, 13-14 e 17)
Quanto più sarete fedeli a questa regola, tanto più risplenderà la Luce in voi, e Cristo Redentore sarà esaltato come Signore delle nostre piccole vite.
Buon Natale!
Pax vobis.
✠ Aloysius Pansebastus. Episcopus Primas Ecclesiæ Gallicanæ Siculorum.