In certa letteratura orientale si sostiene una teoria apparentemente bizzarra: Cristo sarebbe stato ucciso da uomini tentati dal demonio (come suggerisce Lc 22, 3), e quindi in un universo alternativo egli non muore e non risorge, ma redime incruentemente tutta l’umanità.

Si tratta di una visione che pone importanti interrogativi. Osserviamo in primo luogo che, quando Mosé fuggì dall’Egitto, Dio dice apertamente di avere indurito il cuore del Faraone (ad es. Es 4, 21): a quei tempi, evidentemente, l’autore sacro non riusciva a concepire un anti-Dio che intervenisse nella Storia per stravolgere le sorti degli Israeliti, e gli sembrò ovvio affermare che tutto dipendesse solo dalla volontà di Dio.

Ai tempi di San Luca, invece, il dualismo teologico bene/male aveva definito il ruolo cosmico di Satana, e questa figura poteva essere tirata in ballo. Ma in che modo? Certamente è sempre Dio che consente la tentazione, e in questo caso Dio non poteva che volere il tradimento di Giuda.

Nell’ottica giansenista, da cui discende la nostra Chiesa, Dio ha predestinato Cristo alla morte di Croce per la salvezza dell’umanità, ed ha quindi predestinato anche Giuda a tradirlo. Si comprende come, in una lettura che noi non condividiamo, Giuda appaia predestinato alla dannazione.

Come può essere dannato colui il quale fu strumento della Redenzione? Noi abbiamo provato a dare la nostra interpretazione, ma è sconvolgente che nella letteratura cattolica non vi sia una risposta. A nessuno importa veramente se Giuda fosse o non fosse libero.

Il Venerdì Santo sia dunque un giorno di riflessione e di gratitudine: a differenza di molti, noi possiamo scegliere di essere cristiani, di stare dalla parte del Crocifisso, e non di chi infligge i chiodi.

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