Questo articolo, nella sua prima redazione, ha suscitato importanti reazioni da parte di sacerdoti, teologi, fisici e fedeli. Le opinioni si possono distinguere in due orientamenti: alcuni sono rimasti affascinati dalla teoria della “multivitalità” (chiamiamola così) consistente nella possibilità di vivere assieme infinite vite, in cui si annulla il problema della libertà; altri, pur non negando necessariamente la validità dell’ipotesi, hanno osservato che la sua premessa, cioè il superdeterminismo, non è necessariamente valida, con tutto ciò che ne consegue. Secondo lo spirito della nostra Chiesa, che è quello del Cattolicesimo autentico, non presentiamo nè l’una nè l’altra ipotesi come dogmatica, rileviamo solo che ognuna delle due presenta dei limiti di comprensione della natura di Dio: se Egli è onnipotente ed onnisciente, l’universo deve essere predeterminato, quindi la doppia predestinazione è la sola cosa credibile; se invece accettiamo l’idea che Dio possa essere onnipotente ed onnisciente non in assoluto, ma solo limitatamente alla sua creazione, allora c’è spazio per il libero arbitrio. Notiamo – senza aver la pretesa di trascinare il fedele, e tantomeno il lettore occasionale, in simili questioni – che la letteratura paolina (compresi gli Atti, che furono scritti, come si crede, da San Luca, fedele discepolo di San Paolo) danno per presupposta una qualche forma di predestinazione, ed è certo che non esista nella Chiesa l’idea che San Paolo sia meno ispirato dei Vangeli; d’altro canto, se tutto fosse predeterminato, sarebbe completamente inutile non solo la Redenzione, ma anche qualsiasi forma di preghiera, e Dio stesso si ridurrebbe ad un pupazzo vittima della sua stessa natura increata. Attendiamo dunque che il dibattito nella Chiesa porti ad una soluzione valida per l’uomo moderno, ed aggiungiamo a questo articolo tutto quanto serve alla definizione del problema.
Il tema della predestinazione è uno dei più inquietanti dell’intera teologia, sia cristiana che di altra tradizione. Conciliare l’onniscienza di Dio con la libertà dell’uomo sembra impossibile: se Dio conosce la direzione delle nostre azioni, in che modo possiamo dirci liberi? E se non siamo liberi, a che titolo ci castiga all’Inferno o ci esalta in Paradiso?
Le posizioni storiche in merito sono state molte. In questa sede enumeriamo solo quelle utili al cammino della nostra Chiesa, non solo per ammaestrare lo spirito secondo verità, ma soprattutto per educare i fedeli ad addentrarsi con intelligenza e raziocinio nelle cose della Fede: noi non possiamo comprendere Dio, ma per il solo fatto che siamo fatti a Sua immagine e somiglianza possiamo intuire quanto gli appartiene, ed a questo dobbiamo mirare.
Un passo biblico in cui si allude chiaramente alla predestinazione è la narrazione della predicazione di Paolo e Barnaba ad Antiochia di Psidia:
I pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna.
At 13, 48
Che vuol dire «quelli che erano destinati alla vita eterna»? Se qualcuno è destinato alla vita eterna, qualcun altro non vi è destinato, e quindi – evidentemente – è destinato alla dannazione. Questa era la tesi di Gotescalco d’Orbais (800-869), e probabilmente era anche l’idea di Sant’Agostino, il quale attribuiva la salvezza al dono imperscrutabile della grazia di Dio. In séguito la tesi fu ripresa da Calvino e, soprattutto, dal grande Giansenio.
In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo. In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.
Ef 1, 11-14
In questo passo, oltre che di predestinazione, si parla di «eredità»: l’eredità, nel mondo giudaico, indica tipicamente i beni del padre che vengono devoluti ai figli, in maniera automatica, proprio perché i figli sono predestinati a riceverli.
Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati. Che diremo dunque riguardo a queste cose? Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?
Rm 8, 28-31
Questo passo paolino ha aperto la strada all’idea di una redenzione limitata: Cristo sarebbe morto solo per alcuni eletti; ed in effetti Egli disse che il suo sangue era versato «per molti», non «per tutti» (Mc 14, 24).
Tesi della predestinazione assoluta.
Il superdeterminismo scoperto dalla moderna filosofia della scienza, nonché le derivazioni della teoria della relatività, rendono impossibile immaginare un mondo in cui l’uomo conservi il libero arbitrio: l’universo è fatto in modo che esista una realtà che funziona in un certo modo, e quando crediamo che si presentino delle situazioni del tutto indipendenti da leggi fisiche (cioè casuali o volontarie) è perché non ci accorgiamo dell’esistenza di fattori nascosti, a noi ignoti, che determinano automaticamente un certo risultato. Ciò significa che il fatto che tu sia qui, ora, a leggere questa pagina, deriva dalla struttura stessa dell’universo per come si è formata miliardi di anni fa, la quale è fatta in modo da creare la situazione che adesso stai vivendo, compresi i tuoi esatti pensieri, il movimento dei tuoi muscoli, il flusso del tuo sangue, e l’esatta posizione di ogni singolo tuo capello.
Se il superdeterminismo è vero (e non c’è modo di dimostrare il contrario) perde di significato, assieme al concetto di libertà, l’idea di peccato e quella tradizionale di redenzione: Dio ha creato un’umanità in cui alcune persone fanno cose buone ed altre fanno cose malvagie, e nessuna dipende dalla loro volontà individuale, che non esiste, ma tutte tendono, nel complesso, ad un equilibrio cosmico ed a noi incomprensibile, in cui trionfa la volontà di Dio, cioè la natura dell’Assoluto. Si osservi, peraltro, che gli argomenti contro il classico determinismo (tipicamente legati all’idea che la complessità implichi una casualità residua) sono incompatibili col superdeterminismo.
Come giustificare la Redenzione in un universo deterministico? Con l’osservazione banale che l’universo di cui siamo coscienti non è il solo che esiste (c. d. «interpretazione a molti mondi»): il nostro io cosciente è uno dei miliardi di io che esistono in miliardi di altri universi in cui un singolo particolare della creazione è diverso. In universo tu non esisti, in un altro hai i capelli lunghi, in un altro non sei seduto su una poltrona, in un altro fuori piove, in un altro nevica, in un altro Parigi si trova nell’emisfero australe, e così via. Questa idea, considerata credibile ma estrema dalla Fisica, è perfettamente coerente con l’onnipotenza di Dio: la coscienza infinita di Dio crea infiniti mondi con infinite combinazioni, e tu, io, noi, siamo coscienti solo di una combinazione di queste infinite ipotesi. In questo contesto la «libertà» non è che una parola vuota: Dio ci consente di esistere in un numero infinito di mondi e, quindi, in infinite maniere, ricche, povere, buone, malvagie, alte, basse, malate, sane. Pensiamo a una bottiglia d’acqua: potremmo berla, potremmo usarla per lavare la macchina, potremmo usarla per cucinare, potremmo versarla in un vaso, potremmo gettarla: la bottiglia e l’acqua sono sempre le stesse, ma ogni ipotesi diversa genera una realtà diversa.
Queste realtà sono sempre unificate in Dio: quando moriremo torneremo all’unità cosmica con la sorgente di ogni essenza, con l’Essere Assoluto, e parteciperemo della sua coscienza, in cui tutte le infinite ipotesi possibili sono contemplate ed esistono contemporaneamente.
Dunque noi non siamo «liberi» nel senso che possiamo decidere se dannarci o salvarci, è Dio che eternamente ora ci salva ed ora ci danna, in un equilibrio eterno in cui la «libertà» consiste nella possibilità di vivere, nell’eternità di Dio, infinite vite in infiniti mondi.
La «doppia predestinazione» di Giansenio sarebbe, dunque, l’ipotesi corretta, ma non nel senso in cui credeva questo grande maestro, come se qualcuno fosse predestinato al Paradiso e qualcuno all’Inferno: siamo doppiamente predestinati, tutti, ad essere sia salvati che dannati. E quindi Cristo è morto veramente per tutti, nonostante la nostra coscienza materiale non veda tutti come salvati, ma solamente «molti», quelli che nell’universo di cui siamo coscienti sono salvi.
Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine.
Ap 22, 13
Se questa teoria teologica è vera, dunque, il peccato esiste, e consiste in ciò che, nell’universo di cui siamo coscienti, contrasta con i principii dettati da Dio. Se ne deduce che, a seconda degli universi, certe cose possano non essere peccaminose, o possano esserlo altre. Il «giudizio» di Dio, quindi, lungi dall’essere una valutazione di una libertà inesistente, consiste solo nel naturale effetto delle combinazioni assunte dalla nostra linea di coscienza. Alla fine, comunque, tutte le nostre infinite coscienze continueranno ad esistere eternamente nell’eterno equilibrio di Dio.
Tesi contraria.
Alcuni fisici mettono in dubbio la credibilità del superdeterminismo, e gli contrappongono i risultati dell’osservazione sperimentale della meccanica quantistica, il cosiddetto principio di indeterminazione di Heisenberg, secondo cui – in estrema sintesi – non è possibile prevedere deterministicamente tutti gli esiti di un processo fisico, perché una parte di essi è essenzialmente casuale. In questa casualità si cela la possibilità teorica della libertà, perché tutto ciò che non è necessario è astrattamente libero.
Il superdeterminismo nasce proprio come tentativo di ridurre questo principio a forme tipiche della fisica tradizionale, con l’effetto evidente di salvare l’idea di un Dio onnisciente e onnipotente. Il Dio che risulta dal principio di indeterminazione, al contrario, non ha queste caratteristiche, perché deve essere anch’egli un Dio libero che crea un mondo libero, col risultato che la sua onnipotenza e la sua onniscienza hanno senso solo limitatamente al nostro mondo.
Questa tesi salva totalmente la dottrina cattolica, senza gli stiracchiamenti di teorie estreme come quella dell’inferno vuoto. Dipinge però un Dio diverso da quello della tradizione, non un Deus Summus, non un Assoluto, ma una divinità più simile agli antichi dèi orientali, fortemente antropomorfa e capace di veri sentimenti. In India prende il nome di Īśvara, in Grecia di Logos, noi lo possiamo ricondurre al Figlio della Trinità.
⁜ Aloysius Episcopus.