Le chiese di tradizione apostolica credono che Cristo abbia conferito agli apostoli un sacramento specifico, l’ordine sacro, per attribuire loro i tre compiti di santificare, governare e istruire i fedeli. L’ordine, ripartito nei tre gradi dell’episcopato, presbiterato e diaconato, costituisce l’ossatura gerarchica della Chiesa, ed il cosiddetto Movimento Sacramentale Indipendente rappresenta il suo uso al di fuori delle denominazioni tradizionali della Chiesa storica (latino-romana e greca-ortodossa).

Questo sacramento si trasmette da vescovo a vescovo e da vescovo a sacerdote o diacono attraverso dei riti che comprendono almeno l’imposizione delle mani, come diremo a breve. La linea di consacrazioni che parte da Cristo attraverso gli apostoli e giunge fino ad ogni singolo vescovo si chiama successione apostolica.

Per comprendere i termini della questione attuale nelle Chiese indipendenti è necessaria un po’ di storia, e qualche elementare nozione di diritto canonico.

Breve storia degli scismi moderni della Chiesa cattolica.

I primi vescovi a separarsi da Roma in età moderna furono i successori di mons. Dominique Varlet (1678-1742), a capo del celebre scisma giansenista dei Paesi Bassi. Questi vescovi confluirono poi nel novero di chi rifiutò la costituzione Pastor æternus che sanciva l’infallibilità pontificia (1870), e furono detti «vecchi cattolici»: da qui l’espressione «Chiesa veterocattolica». Questi vescovi erano in tutto identici ai vescovi romani, e seguivano il diritto canonico romano, per cui anche la Santa Sede riconosceva totalmente i loro sacramenti: erano validi ma illeciti, nel senso che trasmettevano lo Spirito Santo ma il sacerdote (e il fedele che li riceveva) era in stato di peccato grave per non essere in comunione con Roma.

Nel 1931 le Chiese veterocattoliche siglarono un accordo di intercomunione con la Chiesa Anglicana (Accordi di Bonn): il punto è che gli ordini anglicani erano stati totalmente disconosciuti dalla Santa Sede ai tempi di Leone XIII (lettera apostolica Apostolicæ curæ del 1896). Le linee di successione veterocattoliche cominciarono ad ibridarsi con quelle anglicane, e cominciò a regnare la confusione: la Santa Sede si riservò di valutare caso per caso se in concreto un singolo vescovo fosse stato validamente ordinato.

Nel 1996, quando la Chiesa Anglicana riconobbe l’ordinazione femminile, la Chiesa veterocattolica subì un pesante scisma che ancora non si è risanato. Le linee di successione che passano attraverso i vescovi donna non sono riconoscibili a nessun livello da Roma: sono nulle.

Situazione attuale nelle Chiese indipendenti internazionali.

Come ben si vede, le Chiese indipendenti non rispondono più al modello sacramentale romano: si tratta di gruppi totalmente distanti dalle idee storiche che mossero il legislatore canonico a costruire le norme oggi presenti nelle leggi della Chiesa romana, e tantomeno assomigliano a quelle ortodosse. I sacramenti conferiti dai vescovi indipendenti sono ormai, nella maggioranza, nulli per la Chiesa romana. A ciò si aggiunga che, molte volte, singole Chiese indipendenti, per invidia o malevolenza, hanno preteso di interpretare a loro modo i canoni romani nonostante l’assoluta inapplicabilità concreta, per tirare fuori nullità incredibili e fantasiose al solo scopo di toccare alcuni avversarii. Si tratta di atteggiamenti ovviamente deprecabili.

Attualmente gli unici criterii adoperabili per sancire la validità di un’ordinazione nel mondo delle Chiese indipendenti sono tre: presenza come ordinante di almeno un vescovo con successione valida; imposizione delle mani; uso di una formula da cui emerga con certezza la volontà di trasmettere il sacramento dell’ordine.

Ma vediamo in concreto alcune linee di successione diffuse e le ragioni della loro invalidità se si volessero adoperare assurdamente i criterii romani od ortodossi.

Linea Varlet.

Linea, come dicevamo, della Chiesa veterocattolica. Nulla per la Chiesa romana se un ordine è conferito da una donna e non si adopera il pontificale romano.

Linea Duarte-Costa.

Linea scismatica moderna della Chiesa romana. Nulla per la Chiesa romana se un ordine è conferito da una donna e non si adopera il pontificale romano.

Linea Vilatte.

Fa capo a René Vilatte (1854-1929), la cui ordinazione non fu mai riconosciuta da Roma. Sempre nulla per la Chiesa romana.

Linea della Chiesa ortodossa russa.

Linee provenienti da episcopi vagantes, solitamente veterocalendaristi. Tipicamente non riconosciute dalla Chiesa Ortodossa. La Chiesa romana le potrebbe riconoscere a condizione che non passino per donne.

Linee derivate dalle precedenti ma conferite in seno a chiese che si professano anglicane o riformate.

Sempre nulle per la Chiesa romana e per la Chiesa ortodossa, perché si rifiuta l’idea che questi gruppi costituiscano una Chiesa.

Linee gnostiche.

Sono linee che fanno capo a Papa Benedetto XIII (1649-1730) e sono state trasmesse tramite gli esoteristi francesi. Sono radicalmente nulle per tutte le Chiese tradizionali, che le considerano eretiche.

Come si vede è praticamente impossibile garantire, su linee di successione che passano per decine di vescovi, l’aderenza ai requisiti previsti dalla Chiesa romana. Tanto più che oggi quasi tutte le Chiese indipendenti consacrano le donne all’episcopato.

Anche se a molti fedeli nel mondo delle Chiese indipendenti piace l’idea di conservare il modello romano come standard giuridico, l’unica verità è che quel modello non funziona più. Bisogna accettare di non poter stare con due piedi in una scarpa: il diritto canonico romano esiste solo entro i confini della Chiesa romana, e non oltre.

1 commento su “Successione apostolica nelle Chiese indipendenti: un po’ di chiarezza”

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