Dilettissimi figli e fratelli in Cristo, salute.

Il 5 marzo comincia la Quaresima. Un tempo di penitenza, si dice, in preparazione della Pasqua. Gli atteggiamenti del mondo sono tre: chi guarda alla religione come un’ancora nel mare della decadenza, pratica astinenze e digiuni aspirando al Cielo; chi non ha la fede, semplicemente ignora quel che non conosce; e infine un numero non piccolo di persone si chiede perché ci dovremmo mortificarci in questi quaranta giorni, se la nostra vita è già una sofferenza.

Quest’ultima opinione è fondata. L’astinenza quaresimale serve a ricordarci che il corpo mortale è destinato a cadere, e risorgeremo con un corpo nuovo incorruttibile, il quale non mangia, non dorme, non soffre. Non ha senso mortificarci ulteriormente se siamo sofferenti nel corpo o nella mente, se non abbiamo come pagare i debiti, se non sappiamo come gestire un rapporto affettivo divenuto teso, e così via.

Dio non ci chiede di raggiungerlo con la sofferenza, Dio si serve della sofferenza per portarci a Lui, come si serve di ogni cosa per raggiungere i suoi scopi. Anche chi è operato al cuore soffre per le ferite dell’operazione, questo però non significa che chiunque, per avere un cuore funzionante, debba soffrire un’intervento chirurgico. Infatti molti raggiungono la realizzazione spirituale attraverso triboli e sacrifici, mentre ad altri è data la grazia di giungervi per strade dritte e pacifiche. Il perché non lo sappiamo, è un mistero che conosceremo, forse, nell’aldilà.

Il precetto tradizionale che imponeva di mortificare il corpo andrebbe quindi rivisto nel senso che dobbiamo mortificare quel che di intrinsecamente mortale c’è in noi, che è l’ego, per esaltare la comunione in Cristo.

Invece di astenerci dalle carni, pio esercizio che non porta nulla nè a noi nè a Dio, facciamo del bene. Un bene grande o piccolo, purché sia offerto al Signore in lode della sua resurrezione. Questo bene verrà valutato dall’Onnipotente molto più che qualunque digiuno, mille volte più che qualunque giaculatoria.

Poiché io desidero bontà, non sacrifici,
e la conoscenza di Dio più degli olocausti.

(Os 6, 6)

Dio vi guardi, diletti figli e fratelli, e vi sostenga nelle sofferenze quotidiane. Possono esserci giorni in cui vi sembra che il Vecchio che regge il mondo non ci sia, che sia solo una fantasia, una favoletta. Lasciate correre questi pensieri: sono umani, e voi siete umani. Nel momento in cui meno ve lo aspettate, Dio si manifesterà a voi in un fiore, in una nuvola, nelle ali di una farfalla, nel sorriso di una persona amata. Beneditelo, amatelo, godete della sua gloria, e tutto per voi sarà un pregustare le gioie del Paradiso.

Pax vobis.

+ Aloysius Episcopus

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