Pubblichiamo integralmente una lunga intervista concessa oggi dal nostro Vescovo Primate Aloysius Pansebastus relativamente al documento «Mater populi fidelis» promulgato da Papa Leone XIV.
Reverendissimo Padre, qual è la Vostra opinione sul documento «Mater populi fidelis» approvato recentemente da Papa Leone XIV sui titoli di Maria SS.?
La mia opinione è la peggiore possibile: questi documenti dottrinali editi come fulmini a ciel sereno dall’ex Sant’Uffizio, nel pieno stile del precedente pontificato, sembrano fatti per dividere e confondere il Popolo di Dio, anche quando, come in questo caso, dicono cose comprensibili o forse condivisibili. Noi, come Chiesa Gallicana di Sicilia, siamo sempre stati molto cauti riguardo i cosiddetti «dogmi mariani», e soprattutto riguardo la «mariologia» teologica che, assai goffamente, si è sviluppata attorno ad essi. Possiamo dire, quindi, che nella sostanza avevamo già previsto questo documento; ma il modo e il tempo sono inopportuni. È un documento che porta solo scandalo e zizzania nella Chiesa romana.
La Fraternità Sacerdotale di San Pio X ha tuonato contro il documento sostenendo che banalizzi certi termini tradizionali, come «corredentrice», usati dai Papi nel passato.
Il punto è che le parole della liturgia e della catechesi, a differenza di quel che pretendono di fare i teologi post-tridentini, non dovrebbero mai acquisire, per il lettore, un significato giuridico, assoluto e quindi dogmatico, se tolte dal loro contesto. Se io dico che San Giuseppe fu «ispirato», non intendo che conobbe le verità di Fede come San Paolo o San Giovanni Evangelista, ma più semplicemente faccio riferimento ai momenti della sua vita in cui egli si affidò alla mano celeste che sembrava guidare gli eventi attorno a lui. Allo stesso modo, le parole della tradizione, come «advocata nostra» che ricorre nel Salve Regina, «Mater gratiarum», e lo stesso «corredentrice», sono espressione di verità parziali sublimate dalla poesia e dalla retorica. Nessun pontefice ha mai pensato di dover spiegare con squadra e compasso cosa significasse «corredentrice», perché l’espressione fa chiaro riferimento alla terza lettera di Giovanni, in cui i cristiani sono definiti «cooperatores veritatis» (3 Gv, 8): se io e te siamo cooperatori della verità, tanto più cooperatrice è Maria, ed è in re ipsa, come dicono gli studiosi, che questa «cooperatio» alla Redenzione non stia sullo stesso piano dell’opera compiuta salvificamente da Cristo.
Perché allora tanto accanimento contro questo titolo tradizionale?
Le ragioni, a mio modesto modo di vedere, sono due. La prima è di natura sociologica: i teologi cattolici non riescono più a tollerare l’orpello tardo-barocco che appesta la dogmatica cattolica, e la rende oggettivamente una questione di fede sempre più cieca ed incompatibile con la ragione, che negli ultimi decenni ha compiuto avanzamenti tali nelle scienze esatte da non poter essere più ignorata. La seconda è di politica ecclesiastica.
Vi prego, parlate della prima.
Oggi nessuno ha dubbi, vedendo un’immagine della Madonna, che sia stata dipinta da un cattolico. Nonostante la Madonna abbia un grande rilievo nella teologia orientale, il Cattolicesimo degli ultimi due secoli ha moltiplicato la rilevanza di questa figura senza nessuna ragione teologica, ma solo contingente. Nel 1854, quando Pio IX proclamò senza alcun titolo il dogma dell’Immacolata (non c’era all’epoca alcuna certezza che il Papa potesse agire a nome di tutta la Chiesa senza convocare un concilio generale), le ragioni ideologiche e politiche erano chiare: il Papa assediato dalle potenze liberali affermava solennemente la sua posizione metafisica di padre dei principi terreni, e ricuciva i ranghi della Chiesa attorno alla Vergine Madre, contro cui ben pochi si sarebbero scagliati, recuperando una devozione popolare sorretta da una confusa tradizione teologica. Eppure i problemi c’erano: Mons. Sibour, arcivescovo di Parigi, fu accoltellato a morte da un sacerdote dimesso che, tra l’altro, non credeva nel dogma dell’Immacolata; a prescindere dall’efferato omicidio, anche noi ci domandiamo perché credere a una cosa non attestata dalle Scritture nè dalla Patristica.
Argomenti simili sono stati spesi anche contro il dogma dell’Assunta, proclamato nell’anno santo 1950 da Pio XII.
Certamente, lì le ragioni politiche erano consimili: il pontefice regnante, ultimo eletto nelle fila dell’antica nobiltà romana, era sopravvissuto alla guerra come relitto d’un tempo che fu, e fu ispirato a proclamare il dogma dalla presunta apparizione di Maria a un bambino, tal Gilles Bouhours, che morirà poi adolescente. Anche qui, non c’era alcuna prova dell’assunzione di Maria nè nella Scrittura nè nella Patristica. Quanto alla fede popolare, poi, a tutti noi figli e nipoti delle generazioni precedenti il dogma, fu insegnato che anche San Giuseppe era stato assunto in cielo. A chi chiedeva come mai, le nonne rispondevano che doveva essere così perché nessuno mai aveva visto delle reliquie di San Giuseppe. Quelle della Madonna, comunque, ci sono, anche ex ossibus: si trovano ancora in giro in qualche chiesa europea, e pure nei reliquiarii per devozione privata. A dimostrazione che non è affatto vero che l’assunzione fosse nel depositum fidei.
Tuttavia, Monsignore, il ruolo di Maria nella fede della Chiesa è centrale.
Maria è un esempio di vita e di pietà per i fedeli, e indubbiamente, se crediamo nell’intercessione dei Santi, è una fonte di preghiere verso Dio. Ma siamo tutti chiamati ad essere come Maria, come Paolo, come Pietro. Cristo addirittura dice: «siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 48). Se possiamo essere talmente perfetti da essere accostati al Padre, certamente possiamo esserlo quanto Maria, è un problema di quantità e non di qualità. La Madonna non è una super-donna, una sorta di essere mitologico, è una persona che ha affrontato validamente una prova, e ne è uscita vincitrice con l’aiuto di Dio. Peraltro questa è una verità di fede: chiunque riceva il battesimo, l’assoluzione sacramentale o l’eucaristia, è privato del peccato che allontana da Dio, ed è quindi nelle stesse condizioni di Maria «concepita senza peccato». Tra l’altro, nella teologia tridentina (e già in quella precedente si può fare una ricerca in tal senso) si ragionava apertamente, in tema di predestinazione dei Santi, sull’ipotesi che i martiri potessero essere stati «santificati» nell’utero materno. Non era forse una «immacolata concezione», ma in assenza di quel dogma ci andava molto vicino.
Secondo i Lefebvriani però tutto ciò limiterebbe il ruolo tradizionale attribuito a Maria dalla Chiesa.
I Lefebvriani continuano a confondere la Tradizione ispirata coi pizzi e merletti della nonna. Nella Chiesa primitiva il ruolo della Madonna o è nessuno, nel senso che non se ne parla proprio, o è spesso irriconoscibile: si pensi agli ambienti gnostici, in cui è associata al concetto di Sophia, la saggezza divina, identificata ora nella Madonna ed ora in Maria Maddalena. Solo nella tarda antichità il culto mariano prende forme simili alle attuali, per interessamento delle imperatrici bizantine che dovevano creare una pàredra, una controparte femminile alla figura dell’imperatore. Ma ancora, un uomo del VI secolo avrebbe difficoltà a capire certe cose del culto moderno della Madonna.
A cosa alludete?
Mi viene in mente una presunta visione di Lucia di Fatima, datata 1925 (proprio cento anni fa):
Guarda, figlia mia, il Mio Cuore coronato di spine che gli uomini ingrati a ogni momento Mi conficcano, con bestemmie e ingratitudini. Tu, almeno, cerca di consolarMi, e di’ che tutti quelli che per cinque mesi, nel primo sabato, si confesseranno ricevendo poi la santa Comunione, diranno un rosario, e Mi faranno 15 minuti di compagnia meditando sui 15 misteri del rosario, coll’intenzione di darMi sollievo, lo prometto di assisterli, nell’ora della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza di queste anime.
Visione di Lucia di Fatima, 1925
In questa visione, che – è bene ricordarlo – è una rivelazione privata non vincolante per i fedeli, la Madonna mostra un cuore coronato di spine dicendo alla veggente che le spine sarebbero le «ingratitudini» e le «bestemmie» degli uomini rivolte contro di lei. Dopo l’idea di un Dio personale che si offende se gli uomini fanno questo o quello, la veggente ci propina l’immagine di una Madonna che si offende perché la gente è ingrata con lei. Poi, non contenta, ci dice dobbiamo «dare sollievo» alla Madonna (ma sollievo fisico o spirituale? Non si capisce: se la Madonna è in Paradiso davanti alla visione beatifica di Dio, cosa potrebbe mai turbarla?), e aggiunge che dobbiamo «farle compagnia» con meditazioni e preghiere a cadenza regolare, come fosse una vecchia comare da visitare alle feste. In cambio, non si capisce con quale senso di razionalità o di giustizia, la Madonna autonomamente promette assistenza spirituale nell’ora della morte. Anche qui: come può la Madonna operare senza Cristo che è Dio? Non può. E poi: per quale merito un uomo che ha ripetuto a pappagallo un rosario per un sabato al mese per cinque mesi (perché cinque e non sei, sette o dodici?) dovrebbe ottenere un trattamento migliore di un poveraccio che magari non ha la forza spirituale per pregare, ma ha condotto una vita che merita misericordia? Questa visione è un esempio di mariolatria palesemente contraria ai dogmi della Chiesa, accettata ciecamente per puro ossequio alla volontà popolare: lo studioso vi troverà memorie recondite di antiche visioni e devozioni (Santa Matilde, Santa Margherita Alacoque, etc.), ma anche di immagini devozionali della Madonna reinterpretate dalla fantasia popolare.
Viene in mente la Madonna venerata dalla Chiesa Palmariana…
Certo, i palmariani sono più o meno l’immagine di come sarebbe stata la Chiesa romana se, nel corso del ‘900, avesse seguito la pietà popolare invece che la ragione del nuovo secolo.
Ma lei alludeva anche a motivi politici dietro la dichiarazione «Mater populi fidelis».
I motivi politici appartengono al vecchio pontificato, con un’origine ancor più remota in quello di Benedetto XVI. Il disegno teologico dietro la dichiarazione è ratzingeriano, basti vedere quante volte il defunto pontefice è invocato come autorità; tuttavia Benedetto XVI, da papa, aveva ammorbidito molto certe posizioni per evitare di esacerbare l’opposizione interna, che da un lato lo dipingeva come «modernista», e dall’altra come «tradizionalista». Si può ben dire che sia stato un’ottima persona non amata da nessuno come Pontefice. Di conseguenza, egli si limitò a rifiutare la proclamazione dell’assurdo dogma della Corredenzione, senza tuttavia negarlo. Riguardo papa Francesco, invece, c’è ben poco da dire, perché non si sa cosa lui personalmente credesse, nè tampoco se credesse veramente in qualcosa. Il suo unico scopo, con documenti come Amoris lætitia, Fiducia supplicans e ora, postumamente, Mater populi fidelis, è stato quello di rompere la pace nella Chiesa per confondere i suoi nemici, veri o presunti, soprattutto se avevano un sentore di «tradizionalismo». E poiché il tradizionalismo cattolico è un tradizionalismo ottocentesco nei modi e nelle idee, colpire la mariolatria è stata indubbiamente una bella idea. Ma del defunto papa.
E Leone?
Credo che Leone non sia il fine teologo desiderato dai ratzingeriani e dai tradizionalisti pentiti, ma un uomo pragmatico che ha il problema concreto di far sentire la sua voce in un mondo in cui tutto diventa slogan e guerra sui social. Ha accettato questo documento e, quasi il giorno dopo, ha detto Messa con un canto che chiamava la Madonna «madre e compagna del Redentore». Puro cerchiobottismo, che conferma l’unica cosa sicura: da circa vent’anni nessuno sa più esattamente cosa pensi la Chiesa romana. E con il trascorso pontificato siamo andati oltre: nessuno sa cosa pensi il Papa! Come pastore di una Chiesa indipendente, mi domando perché noi e la Fraternità Sacerdotale di San Pio X dobbiamo preoccuparci tanto di cosa dica il Vescovo di Roma. L’unica risposta è che, in questa confusa modernità, vorremmo tutti tornare a casa, ma nessuno sa più cosa sia «casa». Amen.

